I DIRITTI HANNO COSTI CHE VENGONO PAGATI DA TUTTI I CITTADINI
In una società ogni diritto ha un costo per tutti i cittadini, per esempio il diritto alla salute che ha portato alla istituzione della mutua, prevede che lo stato paghi ai cittadini le visite, le cure e gli interventi considerati necessari alla loro salute, il diritto alla difesa processuale, prevede che anche chi non potrebbe permettersi un avvocato possa venire difeso da un avvocato nominato d'ufficio e pagato dallo stato e così via.., quindi tutte le spese che i diritti comportano vengono comunque suddivise e pagate da tutti i cittadini contribuenti sottoforma di imposte e tasse.
Poi ci sono altri diritti, come quelli legati al mondo del lavoro, i diritti acquisiti nel corso di anni di dura lotta sindacale tra gli anni 60 ed 80, che regolamentano la cassa integrazione, l'orario di lavoro, le pause, i turni, la mensa aziendale ecc., i quali hanno fatto salire notevolmente il costo dell'apparato statale per i contribuenti ed il costo del lavoro per le aziende, riducendone contemporaneamente la produttività, a favore di un migliore qualità della vita dei lavoratori.
Naturalmente le aziende, a fronte di maggiori costi di produzione, per non rimetterci, aumentano i prezzi di vendita dei loro prodotti.
IN ITALIA I DIRITTI DEI LAVORATORI SONO MAGGIORI CHE NEGLI
ALTRI PAESI
Tutte queste acquisizioni di diritti secondari, perché si tratta di diritti che, seppur importanti, non sono realmente fondamentali alla vita dell'individuo, tant'è vero che non sono uguali in tutte le democrazie occidentali, sono avvenute nel corso di un periodo di espansione economica e sviluppo del nostro paese, durante il quale le aziende avevano notevoli margini di guadagno e per tale ragione, bastava che i sindacati puntassero i piedi affinché venisse concessa ai lavoratori qualunque richiesta. Un periodo nel quale ogni contrattazione tra aziende e sindacati sfociava quasi sempre in un una resa incondizionata da parte delle aziende, a cui comunque costava di più una eventuale riduzione dell'utile dovuta agli scioperi che quella derivante dalla soddisfazione delle richieste dei lavoratori.
Questo accadeva perché fino agli anni ottanta le frontiere dei vari stati erano molto più ermetiche di adesso, ogni stato avendo la assoluta libertà di imporre tasse doganali su qualsiasi tipo di merce di importazione, poteva favorire la vendita dei prodotti delle aziende nazionali e di conseguenza la conservazione dei posti di lavoro, sul proprio territorio. In tale situazione la maggior parte delle aziende se non potevano produrre in Italia, difficilmente avrebbero potuto farlo in altri stati.
NESSUN DIRITTO ACQUISITO E' INALIENABILE
La menzionata situazione ed il fatto che quasi tutte le cause legali tra dipendenti
e datori di lavoro si siano risolte a favore dei lavoratori nel 99,9% dei
casi, ha indotto i sindacalisti ed i lavoratori dipendenti italiani a pensare
che tutti i diritti siano fondamentali ed irrinunciabili e, un po' come succede
coi bambini viziati di famiglie benestanti i cui genitori concedono sempre
tutto incondizionatamente, anche loro sembrano non rendersi conto che i tempi
cambiano e di conseguenza anche i diritti (che sono strettamente legati alle
condizioni economiche della nazione) quando la situazione è favorevole si
possono acquisire e quando invece è sfavorevole si possono perdere.
PERCHE' I DIRITTI ACQUISITI NON POSSONO RESTARE INVARIATI
L'Italia è ormai parte dell'Europa Unita:
1) Gli accordi che vincolano tutte le nazioni della U.E., impediscono
o limitano moltissimo la possibilità di ogni stato di fare leggi economiche
per privilegiare le proprie aziende rispetto a quelle degli altri stati membri
o a sfavore delle economie di questi ultimi.
2) A causa dell'abolizione delle frontiere in ambito U.E. non è più
possibile impedire l'ingresso o imporre tasse doganali sui prodotti a norma
provenienti dagli altri stati membri.
3) Per i motivi indicati nei punti 1 e 2 le aziende italiane non possono
più vendere i prodotti, nemmeno nel mercato nazionale, senza dover
abbassare drasticamente i prezzi e di conseguanza tutti i costi di produzione,
costi di lavoro (manodopera) compresi.
4) E' stato permesso a stati poveri aventi sviluppo economico e tenore
di vita inferiori al nostro, come la Polonia, la Romania, ecc.., di entrare
a fare parte della U.E., con la conseguente nascita di zone di produzione
industriale alternative all'Italia, appetibili e convenienti a causa dei bassissimi
costi di produzione legati alla manodopera locale.
5) Le aziende italiane possono facilmente iniziare o trasferire la loro attività produttiva negli altri stati membri, senza che lo stato italiano possa impedirlo per la ragione indicata al punto 1.
La globalizzazione non influenza solo i rapporti commerciali, ma anche
il mercato del lavoro:
1) Dagli ultimi paesi annessi alla U.E. arrivano immigrati che sono cittadini
abituati a condizioni di vita meno favorevoli delle nostre, che sono disposti
ad accettare, pur nell'ambito di contratti regolari di assunzione, paghe più
basse e/o turni di lavoro più gravosi, di quelli che vorrebbero i lavoratori
italiani.
2) Da tutto il mondo arrivano immigrati irregolari, che favoriscono
la nascita di mercati illegali paralleli, i cui effetti contribuiscono a danneggiare
l'economia legale e di conseguenza ridurre i posti di lavoro regolari. Oppure
che vengono regolarizzati con sanatorie che li mettono in condizione di drenare
altri posti di lavoro.
3) Grazie allo sviluppo di Internet, ogni cittadino italiano ha la
possibilità di scegliere di acquistare ed importare direttamente dall'estero
prodotti a basso costo, contribuendo indirettamente ad affossare l'economia
nazionale e di conseguenza alla riduzione dei posti di lavoro.
Mancano le condizioni necessarie per conservare tutti i diritti acquisiti:
1) Il potere dei sindacati sulle aziende è diminuito perché
le aziende, di fronte a comportamenti sindacali intransigenti o richieste
contrattuali troppo onerose, diversamente a quanto accadeva prima della nascita
della U.E. possono facilmente trasferire all'estero la produzione.
2) Lo Stato italiano, come qualsiasi altro stato, non può creare
ricchezza direttamente, perché l'apparato statale in fase di bilancio
rappresenta un costo per i cittadini, può solo contribuire a creare
le condizioni per favorire la produzione e migliorare l'economia sul territorio
nazionale, ma non potrà certo farlo costringendo le aziende a ridurre
i propri margini, oltre che per l'elevato carico fiscale, anche per obbligarle
ad assecondare le eventuali richieste dei sindacati italiani. Quindi lo Stato,
ora più che mai, dovrà astenersi dall'intervenire direttamente
nelle controversie tra aziende e sindacati limitandosi eventualmente a funzioni
di mediazione.
3) I contratti collettivi nazionali, che sono stati ideati più
sulla base ideologica del sindacato dominante, che sui reali interessi dei
lavoratori, interessi che necessariamente variano in funzione delle diverse
realtà socio-economiche locali, sono destinati a diventare incompatibili
con le attuali condizioni del mercato del lavoro e dovranno venire rimpiazzati
da più versatili contratti stipulati su base regionale. Per questa
ragione anche i sindacati nazionali perderanno consenso a favore di nuove
associazioni più snelle che siano in grado di operare, seppur con un
minore potere contrattuale, in modo più diretto e adatto alle necessità
locali dei lavoratori e delle aziende.
4) Per quanto esposto al punto 3, finché la trasformazione del
sindacato non sarà terminata e stabilizzata, per i lavoratori sarà
sempre più difficile riuscire a conservare inalterati tutti i diritti
acquisiti e saranno costretti a rinunciare a qualcosa, forse a molto, per
poter mantenere o ritrovare il cosiddetto posto di lavoro.
Efficacia di scioperi e proteste
1) Nella attuale situazione, molti sindacalisti e lavoratori saranno portati
a pensare che scioperi, manifestazioni e disordini di piazza, possano costringere
il governo di turno a garantire inalterati i loro diritti acquisiti, ma lo
Stato non può più creare posti di lavoro improduttivi come ha
fatto in passato, per compensare alle mancanze di quelli produttivi e gli
ammortizzatori sociali funzionano solo se lo stato può fare affidamento
su un adeguato gettito fiscale, che sia sostenuto da un'economia sana alimentata
da un'alta percentuale di aziende produttive.
2) Le aziende non potranno mai essere obbligate da nessun tribunale
a mantenere le assunzioni in stabilimenti che intendono chiudere soprattutto,
quando i capitali di maggioranza siano controllati da società estere
ed i bilanci siano in perdita.
3) Gli scioperi possono essere utili solo quando l'azienda è
in attivo e senza possibilità di dislocare la produzione.
4) Quando l'azienda ha gia deciso di trasferire la produzione all'estero
scioperare non serve a nulla.
5) Quando l'azienda si trova in difficoltà economiche ed ha
bisogno di ridurre il personale, scioperare per difendere i posti di lavoro
a rischio, avvicina il fallimento e di conseguenza la probabilità che
anche i posti che non erano a rischio vengano persi.
6) Nella situazione attuale i disordini sociali hanno solo il duplice
effetto di danneggiare direttamente ed indirettamente l'economia delle aziende
che sono ancora presenti sul territorio italiano e di scoraggiare ulteriormente
eventuali investitori stranieri..
QUANDO FINIRA' LA CRISI ITALIANA
Il mondo fino agli anni 80-90 si è sviluppato in 3 compartimenti
semi ermetici:
1) Le nazioni capitaliste, efficienti e ben organizzate, sostenute da
economie industriali produttive alimentate da liberi mercati, prevalentemente
su basi nazionali, che a fasi alterne premettevano la produzione e l'accumulo
di ricchezza per poi distribuirla, hanno saputo migliorare velocemente il
tenore di vita dei loro cittadini e di conseguenza, grazie a gettiti fiscali
sempre in crescita, il numero dei diritti.
2) Le nazioni socialiste, benché efficienti ed organizzate dal
punto di vista politico e militare, avevano apparati statali che mantenevano
il controllo assoluto sulla produzione industriale e sulla economia, che hanno
imprigionato il loro sviluppo economico e limitato il tenore di vita dei cittadini.
In pratica hanno garantito alla popolazione diritti fondamentali uguali per
tutti, ma non essendo riusciti a crescere economicamente, anche il benessere
e i diritti non sono aumentati nel tempo.
3) Le nazioni cosiddette "del terzo mondo" che per colpa
di governi illiberali ed incapaci, assolutisti e dittatoriali, il cui scopo
non era quello di provvedere al benessere della popolazione, bensì
di mantenerla nell'ignoranza per poterla sfruttare meglio, hanno deliberatamente
ostacolato i progressi economici e sociali, lasciando la popolazione (comunque
in crescita) in un stato di indigenza che ancora continua attualmente.
Nell'arco di un solo ventennio, le barriere che mantenevano nettamente divisi
i tre compartimenti sono state quasi completamente eliminate, analogamente
a quanto avverrebbe con l'acqua contenuta in quantità differente in
tre contenitori che vengano improvvisamente messi in comunicazione tra loro,
per la "Legge dei vasi comunicanti", il benessere, la ricchezza
e i diritti aumenteranno per le popolazioni più povere e disagiate
mentre diminuiranno per le popolazioni che (come la nostra) sono sempre state
ai vertici del benessere.
Questo livellamento della ricchezza e del benessere, estremamente sfavorevole
per il tenore di vita degli italiani, continuerà fino a quando non
si saranno raggiunti valori intermedi, a causa dei quali, anche gli immigrati
si rifiuteranno di lavorare per salari eccessivamente bassi, i costi di produzione
nei paesi in via di sviluppo saranno cresciuti al punto da non giustificare
più la migrazione delle aziende italiane ed i prodotti di importazione
non saranno più convenienti di quelli fatti in Italia.
Considerando quanta gente povera e quanti paesi in via di sviluppo esistono
al mondo, è facile immaginare che senza drastiche contromisure protezionistiche,
almeno nei confronti dei paesi che non fanno parte della Comunità Europea,
contromisure che attualmente verrebbero considerate discriminatorie da parte
di molte forze politiche e di molti sindacati, i lavoratori italiani dovranno
rassegnarsi a perdere ancora un bel po' dei diritti acquisiti e forse dovranno
vedersi ridurre anche qualcuno di quelli fondamentali.