Il caso di bullismo scolastico che ha avuto come vittima un ragazzo "Down"
è sicuramente da condannare e punire, ma in modo uguale a quanto meriterebbe
lo stesso evento se fosse stato fatto ai danni di qualunque altro ragazzo
normale, ma fisicamente o psicologicamente più debole.
Infatti un ragazzo "Down" dal punto di vista fisico e motorio, come
tanti altri ragazzi normali e deboli, non è necessariamente inferiore
o minorato, ed una sanzione più severa per i suoi aggressori, che fosse
dovuta solo alla natura della sua debolezza, il tipo di handicap, costituirebbe
una vera e propria discriminazione con la quale le Istituzioni sottolineerebbero
la sua anormalità.
I bulli prendono di mira i più deboli con i pretesti più diversi: per la loro faccia, per le loro caratteristiche fisiche, per la loro scarsa personalità, per la loro antipatia, per la loro inabilità in determinate situazioni, ecc., se in una classe frequentata da soggetti insensibili e maleducati, viene inserito un soggetto che deve essere considerato normale, ma possiede molte delle citate caratteristiche, è chiaro che finirà col diventare il principale obiettivo dei prepotenti insensibili, a prescindere che si tratti o no di un vero e proprio handicappato.
Questo è sempre successo in modo più o meno grave in tutte
le scuole italiane di qualsiasi ordine e grado, anche quando in classe non
sono presenti handicappati.
Purtroppo, l'accaduto in questione è dovuto anche ad un effetto secondario
della attuale educazione scolastica, tesa il più possibile ad eliminare
le differenze tra individui, in particolar modo quelle relative ai portatori
di handicap. Infatti, se questo modo di operare da parte della società,
da un lato, favorisce l'integrazione dei disabili, riducendone discriminazione
ed emarginazione, e li aiuta a sentirsi più normali, dall'altro, abitua
gli altri studenti a non considerare l'handicap lieve di chi ne è portatore
e, indirettamente, li induce a riservargli, nel bene e nel male, come nel
caso in discussione, lo stesso trattamento che riserverebbero a qualsiasi
altro studente del tutto normale che decidessero di prendere di mira.
Bisogna anche considerare che un portatore di handicap, in funzione della consapevolezza della sua condizione, è tendenzialmente meno disposto ad accettare lo scherno, rispetto a qualsiasi altro ragazzo, ed è molto più probabile che le eventuali manifestazioni di insofferenza, scatenino un atteggiamoento ancora più aggressivo e violento da parte di eventuali bulli.
Del resto, se cerchiamo di educare gli studenti a trattare come assolutamente normale, chi del tutto normale effettivamente non è, non possiamo essere certi che si ricordino della sua anormalità solo in determinate situazioni.
Inoltre, dal punto di vista psicologico, il fatto che gli studenti delle
scuole superiori, che iniziano a porsi il problema del loro futuro lavoro,
vedano tra loro dei ragazzi handicappati, che magari percepiscono già
una pensione di invalidità, e che, probabilmente, nonostante possano
essere meno efficienti di una persona normale, troveranno un lavoro sicuro
molto prima di loro, potrebbe innescare pericolosi sentimenti di rivalsa che,
nelle persone più ignoranti, finirebbero col trovare sfogo in comportamenti
ostili.
Dal punto di vista sociale, comunque, è assai diseducativo che certi
tipi di handicap, non si limitino a comportare privilegi di assunzione nel
mondo del lavoro, che sempre più frequentemente invece si nega alle
persone normali, ma addirittura diventino un discriminante utile ad ottenere
risarcimenti spropositati quando vengano esibiti nei tribunali.
Come se eventuali violenze ed umiliazioni nuocessero maggiormente agli endicappati
rispetto alle persone normali, una violenza subita da chi non è in
grado di difendersi adeguatamente, procura lo stesso danno fisico sia che
venga indirizzato contro una persona 'Down' sia contro una persona normale,
mentre il danno psicologico e morale, è talmente soggettivo che potrebbe
anche essere più grave per una persona normale, che rispetto ad una
persona 'Down' può avere una maggior consapevolezza delle umiliazioni
subite in pubblico.
Pertanto l'attenzione delle Istituzioni, sia in termini educativi, sia in
termini repressivi, deve spaziare a 360 gradi per sforzarsi di insegnare la
cosa fondamentale che sempre meno frequentemente viene insegnata: il rispetto,
per gli individui, per i professori, per le regole, per le Istituzioni stesse,
e questo non si può ottenere solo con "la carota", come si
è fatto negli ultimi 20 anni, ma ci vuole anche il "bastone"
e possibilmente senza sentenze discriminatorie che valutino gli handicappati
molto di più delle persone normali.
.
Quando si raggiungerà questo obiettivo tutto il resto si risolverà
automaticamente.